martedì 28 dicembre 2021

"Don't look up": quando è troppo tardi

La dottoranda ricercatrice Kate Dibiasky osserva il cielo, con la speranza di scorgere dettagli interessanti sull'universo, quando si accorge che una cometa, proveniente dall'area più esterna del Sistema Solare, è in rotta di collisione con la Terra. Assistita dal professor Randall Mindy, Kate individua le dimensioni dell'astro: un diametro dai 6 ai 9 km, perfetti per distruggere l'intero Pianeta. I due astronomi, così, cercano in tutti i modi di avvisare la popolazione. 

Diretto e sceneggiato da Adam McKay (La grande scommessa, Vice - L'uomo nell'ombra), "Don't look up" è arrivato sulla piattaforma Netflix la vigilia di questo Natale, conquistando la vetta dei titoli più visti. Un cast d'eccezione rende questo film perfettamente corale: accanto a Leonardo Di Caprio e Jennifer Lawrence (rispettivamente, Randall Mindy e Kate Dibiasky) troviamo Meryl Streep, nei panni di un'irriverente Presidente degli USA, Jonah Hill, Rob Morgan, Cate Blanchett, Timothée Chalamet e Ariana Grande, tra gli altri. Girato in piena pandemia, la pellicola usa come pretesto la cometa per criticare la società dei nostri giorni: in pratica, parla di pandemia senza parlare di pandemia. 
Quando i due astronomi cercano di avvisare la popolazione dell'imminente disastro, il governo statunitense dapprima li considera mentecatti, per poi usarli a suo piacimento per la campagna elettorale: d'altronde, non sono pochi gli esempi di presidenti che hanno usato la pandemia come mezzo per ottenere consenso, giusto? Questo, però, nella migliore delle ipotesi, perché sì, il mondo sta per essere distrutto, ma prima dell'Armageddon c'è tanto altro cui pensare. 
E ancora: i due giornalisti Brie e Jack (rispettivamente, Cate Blanchett e Tyler Perry) rappresentano pienamente il giornalismo sempliciotto e superficiale, che ha lo scopo di sdrammatizzare sulla verità nuda e cruda per indorare la pillola: in questo caso, senza attraversare l'Oceano, proviamo a ricordare qualche nostro fantomatico giornalista che l'anno scorso ha dato il meglio di sé in piena pandemia. 
Il personaggio di Di Caprio, poi, è una perfetta analogia di tutti quei medici, virologi e infettivologi che nell'arco di un anno sono entrati nel nostre case diventando protagonisti assoluti di palinsesti televisivi e social media, qui magistralmente ritratti come mezzo di assoluto distacco dalla realtà, perché se non racconti su Instagram della fine del mondo, allora quella fine del mondo te la meriti.
"Don't look up" fa ridere, fa riflettere, fa vergognare. È una commedia nella tragedia e viceversa, caricatura di un'umanità che sa dare voce alla qualunque senza prendere sul serio la scienza e chi della scienza ha fatto la sua vita. D'altronde, mica è la fine del mondo. 

lunedì 20 dicembre 2021

"Città di spettri" di Victoria Schwab

Cass è una ragazzina con un dono speciale: dopo essere stata nel mondo dei morti per via 
di un incidente ed essere tornata nell'al di qua, la sua vita è radicalmente cambiata, perché ora può vedere i fantasmi. Il suo dono consiste nell'avvertire un leggero, ma non tanto, tap-tap-tap e attraversare il Velo, ovvero il sipario che separa il mondo dei vivi da quello dei morti. Accompagnata da una macchina fotografica alquanto vecchia e da un migliore amico praticamente invisibile a tutto il resto del mondo, Cass scopre che il suo dono, in realtà, è quello di permettere agli spiriti di raggiungere la pace eterna. Ma, una volta arrivata a Edimburgo coi suoi genitori, la ragazza riuscirà a fuggire da un pericoloso nemico e salvarsi la pelle? 
"Città di spettri", scritto da Victoria Schwab e primo di una trilogia, arriva in Italia grazie a Mondadori, con quei mattacchioni della Oscar Vault che non sbagliano un colpo. Perché il romanzo, seppur breve, scorre meravigliosamente e la scrittura della Schwab ci trascina in un mondo luminoso colmo di ombre nascoste, scorgibili solo da un occhio attento e dotato della capacità di andare oltre. Scritto in prima persona, incalzante, misterioso, "Città di spettri" crea la giusta atmosfera tesa, a tratti asfissiante, perfetta per il lettore che vuole sentire un brivido scorrergli lungo la spina dorsale. A questo primo episodio seguono "Tunnel di ossa" e "Ponte di anime", pubblicati nella collana Oscar Fantastica Blink e in formato tascabile, perfetto da portare ovunque, persino sul bus. Ma attento: quel fremito, sì, proprio quello avverti quasi sotto pelle, potrebbe non essere dovuto a uno spiffero. 

"Le solite sospette" di John Niven

Quando Barry Frobisher muore, sua moglie Susan si ritrova in un mare di debiti. La sua migliore amica, Julie Wickham, vive una vita pietosa. Jill Worth deve fare da roccia alla sua povera figlia, costretta a vedere la vita del suo figlioletto scivolargli via dalle mani, non potendo permettersi il costo di un'operazione che potrebbe salvarlo. E poi c'è Ethel Merriman, quasi novantanni portati egregiamente su una carrozzina e dalla lingua lingua. Per venire incontro alle loro esigenze, le quattro donne decidono di metter su una banda di ladre per svaligiare una banca, sgraffignare qualche milione di sterline e salvare la propria vita. Sulle loro tracce c'è Boscombe, un sergente detective tanto sbadato quanto pasticcione. 
Questi i protagonisti de "Le solite sospette", romanzo di John Niven pubblicato da Einaudi nel 2016, noto ai più per l'irriverente "A volte ritorno". Un romanzo che divide i lettori in chi lo ritiene una delle storie più divertenti degli ultimi anni e chi lo denuncia per sciatteria. Eppure, ancora una volta Niven si dimostra non solo un formidabile narratore, in grado di creare personaggi memorabili e divertenti, ma anche un grande comico. Perché, checché se ne dica, "Le solite sospette" diverte, e lo fa mettendo a nudo la natura umana, in forma di quattro donne in età avanzata che pensano di meritarsi gioia e serenità, dopo un'esistenza faticosa, e che invece devono far fronte a una cruda realtà. Proprio in questo risiede la grandiosità di Niven: una narrazione apparentemente piatta, ma ricca di sfumature, battute incalzanti e scene divertenti, degne di una commedia dalle tinte noir. Il politicamente corretto viene messo da parte, con Niven, per dare vita a romanzi irriverenti, colmi di ironia e sarcasmo, allo scopo di ribaltare la realtà, dissacrarla e mostrarla per quello che è. 

domenica 28 novembre 2021

"Aristotle e Dante scoprono i segreti dell'universo" di Benjamin Alire Sáenz al

"Perché sorridiamo? Perché ridiamo? Perché ci sentiamo soli? Perché siamo tristi e confusi? Perché leggiamo poesie? Perché piangiamo quando guardiamo un quadro? Perché il nostro cuore si agita quando amiamo? Perché ci vergogniamo? Che cos'è quella cosa che prende allo stomaco chiamata 'desiderio'?". Sono queste le domande che tutti noi ci siamo posti quando l'adolescenza ha colpito in pieno mente e corpo, preparandoci, anche se forse non adeguatamente, all'età adulta. E sono queste le domande che Aristotle e Dante si pongono, cercando una risposta nella vita quotidiana. I due adolescenti sono protagonisti di "Aristotle e Dante scoprono i segreti dell'universo", romanzo di Benjamin Alire Sáenz, pubblicato in lingua originale nel 2012 e ora in libreria per Mondadori Oscar Vault. Aristotle, detto Ari, è un quindicenne introverso dal lessico povero ma essenziale, nella vita del quale aleggia il fantasma di suo fratello Bernardo, ora in carcere e quindi rifiutato dalla memoria della famiglia. Dante, invece, è figlio di un professore e di una psicologa e trascorre la sua vita tra nuoto, poesie e pittura. Due adolescenti dalla personalità diametralmente opposta che si conoscono per caso e cercano l'uno nell'altro le risposte ai misteri dell'universo. Una ricerca, questa, che prende di mira i grandi temi della nostra vita, come l'amicizia, l'amore, l'esistenza stessa, e, proprio come le due grandi menti di cui portano il nome, sfocia in dissertazioni spesso filosofiche per trovare i segreti dell'universo. Il romanzo, caratterizzato da uno stile semplice e fluente, rappresenta la formazione di Aristotle e Dante, il primo chiuso nel suo mondo, dove combatte una guerra silenziosa senza chiedere alcun aiuto, il secondo curioso e senza freni, alla ricerca di risposte da cui nascono ulteriori domande. D'altronde, è proprio l'adolescenza l'età della scoperta, di noi stessi e di ciò che ci circonda. Fondamentale, quindi, un pensiero di Ari: "La percezione dell'immensità dell'universo aveva suscitato qualcosa in me. Il mondo era più vicino e più grande di quanto avessi mai immaginato. E tutto era così bello e così straordinario e, non so, era come se avessi capito che c'era qualcosa di importante dentro di me". Un'età in cui ci si sente internamente grandi, immensi, capaci di conquistare il mondo e cambiarlo. Sensazione, questa, che nasce però dalla scoperta di ciò che abita dentro di noi, di ciò che ci rende quello che siamo, difetti e pregi inclusi. Ecco, quindi, che questa non è solo la storia di due adolescenti alla scoperta del mondo, ma la ricerca della propria identità, dell'Io puro e inconfutabile, una dimensione segreta e nascosta, spesso temuta, ma che rappresenta pienamente la nostra essenza.
"Aristotle e Dante scoprono i segreti dell'universo" (Mondadori Oscar Vault, 2021) è la dolcissima storia della scoperta dell'universo che abita in noi.




domenica 21 novembre 2021

"Cemetery Boys" di Aiden Thomas

Yadriel è un ragazzo trans, latinx e membro di una comunità brujx molto tradizionalista, che fatica ad accettare il "diverso". Desideroso di dimostrare loro la sua valenza, decide di rivolgersi alla Santa Muerte per evocare lo spirito di suo cugino Miguel, morto assassinato, per donargli la pace eterna. Ma qualcosa va storto: Yadriel evoca lo spirito di Julian Diaz, suo compagno di scuola, e, tenendolo nascosto da tutti, cercherà di risolvere il mistero della sua morte.
"Cemetery Boys", romanzo di Aiden Thomas, immerge il lettore sin dalle prime pagine in un'atmosfera latina dall'antica tradizione, quella devota alla Santa Muerte, e lo fa durante la celebrazione dei defunti, raccontando di un ragazzo trans il cui unico desiderio è affermare la sua esistenza sia come persona queer che come brujo. Ed è qui che si erge la maestria dell'autore: perfettamente incastrata all'interno della narrazione, Thomas lascia qui e là spaccati di vita e tradizioni tipiche della cultura latinx, passando per le decorazioni del Día de Muertos e la quotidianità di una famiglia latinx, capeggiata dalla nonna Lita. In quest'atmosfera quasi onirica, protagonista assoluto è Yadriel, ostracizzato dalla sua stessa comunità perché trans. Tuttavia, al contrario della ristretta mente umana, la Santa Muerte dimostra che egli stesso è parte integrante di questa grande famiglia ed è dotato degli stessi poteri degli altri brujos. Si può leggere in questo una lotta al tradizionalismo, che chiude, limita, costruisce barriere apparentemente invalicabili perché colmo di paura. D'altronde, non è forse la paura a spingere l'essere umano a precludersi la possibilità di sperimentare il nuovo? E non è proprio il nuovo a spaventare la sua ristretta mente? Yadriel incarna l'altro, il diverso appunto, la cui identità, quella che il resto della comunità vede ma non riesce ad accettare, ha le stesse origini della sua famiglia e fa di tutto affinché i suoi cari lo vedano per quello che è, rendendo così il romanzo la storia di un'identità, che sia della singola persona o di un'intera comunità. Dal punto di vista stilistico, Thomas ci regala un racconto introspettivo, dalla narrazione squisita, delineando perfettamente i tratti di ogni personaggio, dal protagonista Yadriel a sua cugina Maritza, per finire poi col giovane Julian, la cui seppur incorporea presenza affascina e conquista il lettore sin dalle prime pagine. Il tutto accompagnato da una magistrale descrizione della cultura brujx, una stirpe di individui dotati di poteri ottenuti in dono dalla Santa Muerte per proteggere il legame tra il mondo dei vivi e quello dei morti. E proprio in questo risiede l'importanza di un romanzo come "Cemetery Boys": in un tempo in cui quasi tutti ci sentiamo capaci di parlare di ciò che non ci riguarda, dando sempre più spazio all'appropriazione culturale, Aiden Thomas è parte integrante di quella comunità, la conosce e la vive e ne può raccontare ogni sfumatura con sapienza e diligenza, utilizzando, tra l'altro, un linguaggio inclusivo, che oggi prende sempre più il sopravvento affinché nessuno venga messo da parte. A tal proposito, è necessaria una menzione d'onore anche per la casa editrice che ha portato il romanzo in Italia: Oscar Vault si dimostra sempre più inclusiva, una collana che abbraccia generi e identità diverse, e lo fa lasciando sul retro della copertina il bollino che identifica il romanzo stesso. In questo caso, ad impreziosire la già bellissima copertina di "Cemetery Boys", troviamo il bollino coi colori dell'identità trans, che proprio ieri, sabato 20 novembre, ha ricordato le vittime dell'odio e del pregiudizio, in occasione del Transgender Day of Remembrance. Un plauso va anche e soprattutto alla traduttrice, Martina Del Romano, che ha saputo adattare il linguaggio inclusivo del romanzo nella nostra lingua, ancora troppo limitata perché appannaggio del maschile. 
A chi vede solo una storia fantasy in "Cemetery Boys" (Mondadori Oscar Vault, 2021) consiglio di rileggerlo prestando più attenzione ai dettagli, ai particolari, perché solo così potrà cogliere quelle sfumature della narrazione che, d'altro canto, sono presenti anche nella vita di tutti i giorni e che rendono il mondo più colorato, diverso, dove la diversità ci rende, in fin dei conti, tutti uguali.

sabato 6 novembre 2021

"Il Maialino di Natale" di J. K. Rowling

"Come sarebbe bello, se potessimo vivere nelle favole", dice Maurizio de Giovanni, forse con un po' di ragione. Le favole hanno il potere di incantare i lettori di tutte le età, di lasciare nei loro cuori e nelle loro menti una morale, anche solo velata. Certo, negli anni sono cambiate, ma il messaggio è sempre quello. Lo sa bene J. K. Rowling, la pluripremiata autrice dell'immortale saga di Harry Potter e, da qualche anno a questa parte, della serie sul detective Cormoran Strike, che torna in libreria proprio con una favola natalizia, "Il Maialino di Natale". Protagonista è il bambino Jack, affezionato al suo peluche a forma di maialino, Lino. Un giorno, Jack perde Lino, presto sostituito da un altro. Ma questo non ha niente a che vedere col suo amato Lino: è nuovo, pulito, non sa di casa, di amore, di amicizia, di niente. Eppure, quel maialino così anonimo convince Jack ad andare alla ricerca del suo Lino. Inizia così un viaggio rocambolesco che li porta nella Terra dei Perduti, dove ogni Cosa persa nella Terra dei Vivi viene smistata in una determinata città a seconda del suo destino. Saranno tante le avventure di Jack e del Maialino, ma riusciranno a ritrovare Lino e ritornare sani e salvi nella Terra dei Vivi?
Se qualcuno avesse ancora dei dubbi sulla fantasia della Rowling, nonostante l'universo di Harry Potter, i gialli di Strike e il recente Ickabog, provi a leggere "Il Maialino di Natale" e ogni dubbio verrà risolto. In questa favola, ambientata nella notte della vigilia di Natale, ovvero la notte dei miracoli e delle cause perse, l'autrice ci racconta una storia di amore e fedeltà per le Cose che possediamo e che, soprattutto, rischiamo di perdere facilmente, troppo facilmente. Un forte richiamo a Toy Story (Pxar, 1995) rende lucidi gli occhi dei lettori nati e vissuti nell'ultimo decennio del secolo scorso, mentre, sotto una narrazione fantastica, si nasconde un messaggio che fa riflettere: da un lato, vi è il potere della fantasia, capace di trasportarci in dimensioni senza tempo né spazio; dall'altro il rispetto di ogni Cosa, non perché possieda un'anima, ma perché ha richiesto tempo, lavoro e fatica per venire al mondo. A tal proposito, si potrebbe citare "I segreti di Heaphouse", saga di Edward Carey, in cui fa da sfondo un cumulo immenso di immondizia e dove ogni personaggio, membro della dinastia Iremonger, che di quel cumulo è la custode, possiede un oggetto natale del quale il protagonista Clod sente la voce, come se quell'oggetto ricordasse l'anima del suo precedente proprietario. Nasce, quindi, una riflessione sul possesso degli oggetti, soprattutto in un'epoca come la nostra, dedita al consumismo, dove chi più possiede è considerato felice. Ma la felicità può derivare dagli oggetti? Probabilmente, per Jack e per ogni bambino, sì, che si tratti di un peluche o di un pezzo di legno. Ciò che conta è avere sempre rispetto di ciò che maneggiamo e, soprattutto, dell'ambiente che ci circonda, dal momento che ogni cosa persa potrebbe essere fonte di inquinamento o, peggio ancora, divorata dal perfido Perdente.
"Il Maialino di Natale" (Salani, 2021) è l'avventurosa storia di un viaggio alla ricerca di ciò che più ci sta a cuore, nella notte più magica dell'anno.

martedì 2 novembre 2021

"Piccole donne" di Greta Gerwig

“Le donne hanno una mente, hanno un'anima non soltanto un cuore! Hanno ambizioni, hanno talenti e non soltanto la bellezza! Sono così stanca di sentir dire che l'amore è l'unica cosa per cui è fatta una donna, sono così stanca di questo!”
Doveroso citare una delle battute più belle, importanti e moderne di "Piccole donne" (Pascal Pictures, 2019), adattamento cinematograficodiretto del famoso romanzo di Louis May Alcott diretto dalla meravigliosa Greta Gerwig e vincitore del Premio Oscar per i migliori costumi a Jacqueline Durran. Protagoniste sono le sorelle March, Jo (Saoirse Ronan), Meg (Emma Watson), Amy (Florence Pugh) e Beth (Eliza Scanlen) e la storia, narrata proprio dal punto di vista di Jo, inizia nel 1868, quando la ragazza svolge il ruolo di insegnante a New York. Un telegramma della sorella Meg le chiede di tornare a casa a causa dell'aggravarsi delle condizioni di Beth e la giovane donna, sulla strada di ritorno, ripercorre la vita, sua e delle sue sorelle, prima del trasferimento a New York. 
Celebre è la storia raccontata dalla Alcott, un must della letteratura per bambini e ragazzi. Ma alla Gerwig bisogna riconoscere il merito di aver realizzato una pellicola fedele all'originale eppure così moderno, femminista. Anche la fotografia è degna di nota, con paesaggi tipicamente e nostalgicamente americani. I costumi, premiati con l'ambita statuetta d'oro, sono stati finemente cuciti per ricreare le atmosfere dell'epoca. Il riconoscimento più importante, però, va proprio al cast e in particolar modo a queste giovani donne, in grado di ricreare i personaggi con tale profondità e sensibilità da fare credere che, in realtà, non stiano recitando. Saoirse Ronan, poi, buca lo schermo, soprattutto nelle scene al fianco di Timothée Chalamet, qui nelle vesti di un giovane e spavaldo Theodore Laurence. Senza dimenticare la presenza di Louis Garrel, affascinante come di consueto, e della sempiterna Maryl Streep, nei panni di una dispotica ma dal cuore tenero Zia March.
"Piccole donne" è, in definitiva, il racconto moderno, ed egregiamente piacevole, di un romanzo che ha fatto la storia della letteratura americana e mondiale, in un'epoca dominata dal patriarcato, che voleva, e in alcuni Paesi vuole tuttora, lasciare piccole le donne. Eppure, come la storia e, per certi versi, anche la stessa Alcott, insegna, il mondo segue una strada totalmente diversa. D'altronde, "le donne fanno molti miracoli".

lunedì 1 novembre 2021

"L'assistente di volo" di Chris Bohjalian

Immagina: sei un'assistente di volo, desiderosa di atterrare e visitare una nuova destinazione. Conosci un tizio, uno dei passeggeri del volo di cui ti stai prendendo cura. C'è feeling, intesa, attrazione. Finite a letto, mossi da passione ed erotismo. La mattina dopo, ancora stordita dai fumi dell'alcol, ti svegli e lui è lì, morto. Il suo sangue è su tutte le lenzuola, persino sul tuo corpo. Che fare adesso?
È quello che si chiede Cassandra Bowden, protagonista del thriller "L'assistente di volo", scritto da Chris Bohjalian e trasposto in una stupefacente serie televisiva HBOmax. Ricca di dettagli, flashback e intrighi internazionali, la narrazione catapulta il lettore nel vivo dell'azione, osservando la scena non come estranei, ma come veri protagonisti. Colpi di scena e climax ascendenti rendono il romanzo uno dei migliori thriller mai scritti in assoluto. Perché Bohjalian non solo racconta del cataclisma in cui Cassie si ritrova (volontariamente o involontariamente?), ma si lascia andare a una profonda riflessione sulla vita in sé. Ad esempio, la dipendenza dall'alcol della protagonista, triste eredità del padre, porta il lettore a scontrarsi con la dura verità dell'alcolismo e dei problemi che ne derivano. Allo stesso tempo, forse per indorare la pillola, i viaggi di Cassie si trasformano in un'illustrazione vivida di città meravigliose, a tal punto da risvegliare tutti gli altri sensi e farci percepire le loro meraviglie. 
"L'assistente di volo" (Mondadori, 2021) è un romanzo scritto con maestria, umanità, dallo stile che si adegua perfettamente alla scena in atto e tremendamente piacevole. 

venerdì 22 ottobre 2021

"Io mi fido di te: storia dei miei figli nati dal cuore" di Luciana Littizzetto

Tutti la conoscono come la comica irriverente che dissacra la qualunque. Eppure, Luciana Littizzetto ha dimostrato negli anni di essere, a discapito della sua minuta statura, una donna dalla smisurata intelligenza e, soprattutto, dal cuore grande così. L'ultimo suo lavoro, "Io mi fido di te: storia dei miei figli nati dal cuore" ne è la prova lampante. Tema del progetto sono Jordan e Vanessa, fratello e sorella entrati nella vita di Luciana, pronti a scombinarla. Seguendo le orme e i consigli di una sua cara amica, infatti, Luciana inizia il lungo e burocratico processo dell'affido, che la porta a prendersi cura di questi due ragazzi dal cuore rotto, ma ancora in grado regalare tanto amore. Ed è proprio questo, l'amore, che trasuda dalle pagine del libro. Un amore che non nasce dal sangue, dai nove mesi di gravidanza, dal parto, ma dal cuore stesso, che apre una porta alla novità, così eccitante e spaventosa al contempo. Jordan e Vanessa, per la prima volta protagonisti assoluti di un libro della Littizzetto, ne combinano di tutti i colori, attraversano l'età infantile ed entrano in quella adolescenziale per poi giungere alla vita adulta con un bagaglio di avventure e peripezie da far invidia al più temerario. Lu, come la chiamano i due ragazzi, è sempre lì, pronta a difenderli, a sgridarli quando serve, a guidarli. E nelle sue parole, così cariche di sentimento, si percepisce non il distacco di una semplice madre affidataria, ma l'affetto di chi il cuore lo ha ormai donato a queste due creature, alle quali la vita ha tolto così tanto per poi farsi perdonare con una nuova famiglia, un rifugio caldo e accogliente in cui rinascere. Potrebbe sembrare, ai lettori meno attenti, che in queste pagine la Littizzetto racconti soltanto le avventure dei due ragazzi. Tuttavia, proprio in quelle parole risiede tutto il suo amore. Luciana detta Lu osserva con occhio critico i suoi due ragazzi, li prende per mano e li aiuta ad attraversare le strisce pedonali di una vita difficile. Difficile soprattutto per chi, come lei, intraprende, o vorrebbe iniziare, il processo dell'affido, così lungo, così laborioso, così restrittivo. Con la sua solita sagacia, critica fortemente un sistema discriminatorio come quello dell'affido, chiedendo a gran voce di aprirlo a ogni coppia, a ogni futuro genitore single. Perché, d'altra parte, "è famiglia quella che accoglie, si apre, fa spazio in casa e nell'anima". Poco importa se si tratta di uomo e donna, di due uomini, di due donne, di ex marito ed ex moglie, di tre otarie. Famiglia significa amore, "una roba morbida, perché più è morbida e meno si battono le testate", con tutte le difficoltà che l'essere genitore comporta. Lo sa bene lei, che ogni giorno vive mille peripezie. Eppure, quelle due anime, entrate di soppiatto nella sua vita, gliel'hanno travolta, cambiata, rivoluzionata. Le hanno permesso, se vogliamo, di capire cosa significhi essere madre, amare, preoccuparsi notte e giorno di un'altra persona, di prendersi una pausa persino. Perché "il mestiere di madre è fatto di puntini di sospensione" e per metterli, si sa, ci vuole un gran coraggio.
"Io mi fido di te: storia dei miei figli nati dal cuore" (Mondadori, 2021) è il racconto di un amore nato quasi per caso, al di là di ogni legame sanguigno, e di un gran coraggio che ci regala il senso vero e profondo della vita.

domenica 17 ottobre 2021

"Le minime di Malinconico" di Diego De Silva

Ognuno di noi, spesso, sente dall'interno una vocina che parla, esprime pensieri, per lo più assurdi, che si ha paura ad esprimere pubblicamente. Ma non Vincenzo Malinconico, avvocato protagonista dei romanzi di Diego De Silva, fortunatissimo e geniale autore napoletano. De Silva crea il personaggio di Malinconico nell'ormai lontano 2007 e da quel giorno Vincenzo entra nei cuori di tanti lettori. Precario, sfortunato, inadeguato, Malinconico rappresenta l'essere umano che non riesce a trovare il suo posto nel mondo, perennemente in grado di complicarsi la vita con le sue stesse mani. "Ecco come sono fatto, io. Un vero jazzista della complicazione. Datemi una situazione già compromessa e vedete che assoli che faccio", dice lo stesso. Come possiamo non riconoscerci in queste parole? D'altronde, lo scopo della letteratura è proprio questo: mettere nero su bianco situazioni e personaggi in cui il lettore possa, in un certo qual modo, immedesimarsi e guardarsi dall'esterno. Tuttavia, Malinconico è ben più di una persona che aspira al sentirsi adeguato in un mondo che non sembra fatto per lui. È, potremmo dire, bramoso di amore, di quello "facile facile: rendere felice chi ami". Impresa di non poco conto, che lo catapulta in relazioni inconcludenti, senza alcuna chiarezza di emozioni, ma non di certo per sua volontà (o, almeno, questo è quello che pensa lui. Sarà davvero così?). Vincenzo rappresenta, se vogliamo, l'uomo comune, quello che si porta "i difetti meglio degli anni" e ne è consapevole e non si piace, ma non vuole cambiare. Preferisce, egli, vivere in questa realtà, che è sua e nessuno gliela può togliere, forse per paura del cambiamento o forse perché, in fin dei conti, se nasci tondo non puoi morire quadrato. E sia, va bene così, ché nessuno è perfetto e nessuno nasce imparato, come si suol dire, tanto il mondo sarà sempre un posto scomodo per ciascuno di noi. Tanto vale essere sé stessi, con pregi e, soprattutto, difetti annessi. 

"Le minime di Malinconico", scritto da Diego De Silva ed edito da Einaudi, in libreria e negli storie online. 




venerdì 15 ottobre 2021

"La casa sul mare celeste" di TJ Klune

Quando si gira l'ultima pagine de La casa sul mare celeste, dell'americano TJ Klune, accadono due eventi: da un lato sorge il disperato bisogno di leggere ancora dei dolci protagonisti del romanzo, dall'altro si percepisce un calore che parte dal profondo e si diffonde in tutte le membra, fino a toccare l'anima. Questo perché La casa sul mare celeste non è solo un romanzo fantasy, ma una storia di formazione, in cui ogni protagonista apprende una lezione estremamente importante, ovvero quella di essere sempre sé stessi e combattere il pregiudizio un passo alla volta. Protagonista della narrazione è Linus Baker, assistente sociale del Dipartimento di Magia Minorile, uno stacanovista dedito al lavoro e al rispetto del regole. Quando gli viene affidato un incarico di massima segretezza, le ferree convinzioni di Linus iniziano a vacillare. Arrivato sulla remota isola di Marsyas, Linus Baker deve ispezionare per un intero mese l'orfanotrofio diretto dall'enigmatico quanto affascinante Arthur Parnassus, guida e confidente di sei bambini davvero particolari. Di fronte a una realtà totalmente diversa dalla sua abitudinaria quotidianità, Linus Baker inizia a chiedersi se fino ad allora non abbia vissuto in una bolla, per percorrere sempre e solo la solita strada. Inizia a chiedersi, il nostro protagonista, se ogni tanto qualche deviazione non sia necessaria, per cambiare aria, per cambiare vita, e scoprire che le nostre convinzioni, spesso, sono solo l'immagine di un recondito timore. E lo fa, Linus Baker. Finalmente si lascia andare, permette al vero sé di emergere, di proteggere la verità, di difenderla a ogni costo da stupidi e insensati pregiudizi. Di far trionfare l'amore, quello vero. Tutto questo è La casa sul mare celeste. Un romanzo dolce, delicato, divertente, dal ritmo incalzante e la scrittura genuina. Un romanzo che scalda il cuore, che insegna che sì, la felicità esiste. A due passi dalla scelta giusta.

martedì 24 agosto 2021

"La canzone di Achille" di Madeline Miller: di un amore oltre i confini del tempo e dello spazio

Calvino diceva che un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire. Basti pensare all'Iliade, il grande poema omerico che continua a incantare milioni e milioni di lettori e studiosi nonostante la sua veneranda età. Un poema di 24 libri in cui si snodano le vicende di greci e troiani, impegnati in una guerra che macchia la terra di sangue da ben dieci anni. Tra i protagonisti, il grande eroe Achille, figlio di Peleo e della ninfa Teti, invincibile guerriero la cui ira funesta distrugge la vita di innumerevoli nemici. Proprio Achille, il semidio dai biondi capelli lucenti, il "pie' veloce" per eccellenza, è protagonista di un romanzo scritto da Madeline Miller e pubblicato nel 2013 da Sonzogno. La canzone di Achille, questo il titolo, narra della storia tra Achille e Patroclo, figlio di Menezio e Stenele. Ripudiato dal padre per il suo carattere debole, Patroclo andò in esilio presso Peleo, re di Ftia, dove visse a stretto contatto col giovane pelide. Tra i due, prima bambini, poi fanciulli e infine adulti, nasce un profondo sentimento che banalmente si potrebbe definire amore. Tuttavia, come la tradizione classica ci insegna, si tratta di ben altro. Non è dato sapere, per mancanza di dati certi, se tra Achille e Patroclo ci fu effettivamente amore, ma molti studiosi concordano sul rapporto di omofilia che legava i due giovani, un rapporto che andava ben oltre il piacere fisico. Si tratta, in parole povere, di una connessione più psicologica che fisica, nonostante questa sia profondamente presente. La storia di Achille e Patroclo, di certo non l'unico esempio di rapporto omosessuale dell'Antica Grecia, suscita da secoli grande interesse e in pochi ne hanno esplorato la dimensione. Non considerando quel pastrocchio del film Troy (2004), dove Patroclo e Achille diventano beffardamente cugini, La canzone di Achille è, se non l'unico, uno dei pochi romanzi a parlare della relazione tra i due. E Madeline Miller, che della cultura classica ha fatto la sua vita, lo fa con estrema delicatezza, narrando di un amore puro, sincero, leale tra il philtatos (il più amato) e l'aristos achaion (il migliore tra i greci). Ricorrendo alla voce di Patroclo, la Miller descrive Achille come un giovane bellissimo, dalla forza immensa, forgiato da mani divine, proprio come vuole la tradizione classica. Tuttavia, quasi richiamando il pensiero di Euripide, del divino Achille non è difficile scorgere i tratti più umani: ecco, quindi, che il grande eroe figlio di una divinità fugge dalla sua natura di semidio per vivere da essere umano. E infatti sono proprio le sue gesta, la sua incredibile agilità nel combattimento a renderlo immortale, è la sua leggenda a renderlo divino. La Miller ha avuto la magistrale capacità di umanizzare, di concretizzare aspetti della Grecia Antica che molti considerano talmente leggendari da apparire quasi fittizi. Spicca, ad esempio, la hybris (in greco ὕβϱις) dell'uomo mortale, quella tracotanza che lo spinge oltre i suoi stessi limiti, suscitando l'ira delle potenti divinità dell'Olimpo. E ancora, elementi tipici della cultura greca: Achille non è solo un abile guerriero, ma anche un dotato cantore, capace di smuovere le corde dell'anima con la sua voce e l'amata lira, strumento che ha permesso di tramandare, di voce in voce, di secolo in secolo, meravigliosi poemi, poi tradotti in lingua scritta e giunti sino a noi. E Patroclo, invece, diventa un guaritore, aprendo le strade alla medicina e alla chirurgia grazie agli insegnamenti del centauro Chirone.
Non mancano di certo le divinità: Teti, ninfa madre di Achille, è una spietata dea che aborra l'unione del figlio con Patroclo, ostacolando il loro rapporto con tutte le sue armi; Apollo, dio della musica, delle scienze e della pestilenza, attacca l'esercito greco con un'epidemia di peste e aiuta il troiano Paride a uccidere Achille. Divinità che assumono forma umana, come da tradizione, e prendono parte a una guerra sanguinolenta. 
La canzone di Achille è, in definitiva, il racconto di un amore puro e divino, ma profondamente umano, intriso di elementi che ricordano un mondo, quello classico, che ancora oggi risuona di una bellezza incommensurabile. Non sappiamo se il romanzo diverrà un classico, ma siamo certi che la storia di un amore oltre i confini dello spazio e del tempo, narrata con uno stile delicatamente impressionante, rimarrà nella memoria, e nel cuore, dei suoi innumerevoli lettori.

domenica 16 maggio 2021

"L'ultima notte della nostra vita" di Adam Silvera

Negli Stati Uniti è uno degli autori più amati dai giovani lettori, mentre in Italia pian piano si sta facendo conoscere e il pubblico risponde con grande entusiasmo ai suoi romanzi. Adam Silvera, classe 1990, si è imposto sin da subito come autore di punta del genere Young Adult, soprattutto a tematica LGBT, che, a differenza di altri suoi colleghi, non impone come tema centrale dei suoi romanzi, ma quasi come contorno. Perché la grande capacità di Silvera è quella di delineare personaggi incisivi e al contempo delicati, immersi in una trama che abbraccia tutte le sfere della nostra esistenza, dalla vita alla morte all'amore. È cio che si deduce da L'ultima notte della nostra vita (They both die at the end), portato in Italia da Editrice Il Castoro. Protagonisti sono Rufus e Mateo, giovani ragazzi costretti a fare i conti con un servizio, Death-cast, che annuncia la morte imminente delle persone. Non si conoscono le circostanze della morte, ma chi riceve la chiamata sa che nelle prossime ventiquattro ore la sua vita finirà. Come viverle, allora? Si potrebbe provare uno dei servizi di Make-A-Moment, che, sfruttando una realtà alterata, fa vivere ai Decker - così viene chiamato chi riceve l'avviso - un'ultima esperienza emozionante. E chi invece si ritrova a vivere queste ultime ore in totale solitudine può contare su LastFriend, un'applicazione che permette ai Decker di trovare qualcuno con cui passare questi ultimi attimi di vita. E proprio Rufus e Mateo si conoscono grazie a quest'app, scoprendosi più simili di quanto mai avrebbero potuto immaginare. Ognuno con un passato e un presente turbolenti, Rufus e Mateo decidono di vivere i loro ultimi momenti terreni pienamente, dedicandosi ad esperienze che hanno sempre evitato, perché convinti di essere al sicuro nella loro bolla di protezione. Così facendo, la paura della morte imminente diventa quasi un pretesto per considerare il concetto vero di vita, che non è solo respirare, camminare, lavorare, ma soprattutto amare, prendersi cura degli altri, essere un tutt'uno con l'universo. "Cerca i tuoi simili. E vivi ogni giorno come se fosse una vita intera", dice uno dei protagonisti. E forse è proprio questo il senso vero della vita: circondarsi di persone con cui condividere qualcosa, qualsiasi cosa, e vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo, senza rimpianti, paure, preoccupazioni. Come non ricordare allora "We were born to die", verso incisivo dell'omonimo brano che ha portato al successo Lana Del Rey. Siamo nati per morire, sì, che non è un invito a chiudersi in sé stessi, a rintanarsi nella propria gabbia convinti di proteggersi dalle intemperie della vita, ma vivere in funzione della vita stessa e percepire la bellezza di questo nostro essere vivi. Questo l'obiettivo dei due protagonisti, che potranno così cogliere aspetti fino ad allora sconosciuti l'uno dell'altro e di sé stessi. L'ultima notte della nostra vita è un romanzo delicato, che tocca il cuore e lo riscalda. Un romanzo di formazione, sulla vita e la morte e l'amore. Un romanzo che invita a cogliere l'attimo, a perdere le inibizioni che falliscono nel proteggerci e a vivere in quanto vivi.

sabato 1 maggio 2021

"Come delfini tra pescecani - Un'indagine per i Cinque di Monteverde" di François Morlupi: nessun riposo per la giustizia

Basta poco per innamorarsi di Come delfini tra pescecani - Un'indagine per i Cinque di Monteverde, ultima grande fatica di François Morlupi. Edito da Salani Editore, che, ringrazio ancora una volta per avermi concesso l'onore di leggerlo in anteprima, il romanzo si apre con la presentazione, in prima persona, del commissario Biagio Maria Ansaldi, un personaggio carismatico e allo stesso tempo tremendamente ipocondriaco, ma sempre pronto a far valere la sua squadra, di cui loda la geniale follia e l'immancabile bravura. Una squadra che più diversa di così non si può. Il vice ispettore Eugénie Loy è una giovane donna rigida, ligia al dovere, che conduce la sua vita professionale e privata senza alcun tipo di distrazione, destando, però, la preoccupazione del suo superiore, che ne riconosce l'inarrestabile declino verso l'annichilimento, nato da un processo di estraneazione al mondo, di cui Loy non si sente parte. William Leoncini, poliziotto di colore con la passione per il nazismo, compone il duo Ringo Boys insieme col collega Roberto Di Chiara, dedito invece ai film coreani sottotitolati. I due generano, sin dalle prime pagine, l'immagine di due moderni Starsky & Hutch, pronti a punzecchiarsi, a far valere, in una lotta quasi impari, i propri punti di vista. Eppure, quando si tratta di metter mano a una caso, anche gli ostacoli più grandi non riescono a fermarli. E poi, a chiudere il gruppo, Eliana Alerami, descritta dallo stesso Ansaldi come una ragazza "bella, molto ambiziosa e altrettanto inesperta", che tuttavia non si lascia intimidire da un lavoro probabilmente più grande di lei, impiegando ogni forza in suo possesso pur di giungere alla soluzione finale e, soprattutto, di ricevere il giusto riconoscimento. Cinque personaggi così diversi tra di loro vivono in una Roma immersa in un'atmosfera di caos eterno, ma sempre in grado di regalare, ai suoi abitanti e agli innumerevoli turisti, una bellezza tale da mozzare il fiato, risultato di secoli di storia che hanno contribuito ad accrescerne la magia. Una città che, però, agli occhi dei poliziotti, nonostante l'insindacabile fascino, non ha potuto sconfiggere il degrado generato dai suoi cittadini, che ha portato infine alla creazione di un panorama di dissesto in cui lei, la Città Eterna, comunque resisterà ancora, perché "avrebbe galleggiato senza affogare". In questo contesto così variegato di monumenti, sapori e personalità, i nostri cinque si imbattono nel suicidio di un vecchio che, a detta dei suoi conoscenti, ha fatto di tutto per conquistare l'antipatia del genere umano, assolutamente ricambiata. Eppure, agli occhi dei poliziotti, la morte di Gordi genera non pochi sospetti. Possibile che si tratti di un mero, ma non meno considerevole, suicidio? Ed è possibile che, a distanza di poco tempo, un'altra morte, un altro suicidio, che strappa via la vita di un ex giocatore illo tempore considerato la futura stella del calcio italiano, sia ascrivibile esclusivamente a un gesto compiuto dal ragazzo in questione in un momento di lucida follia? La squadra, capitanata da un sempre più ansioso Ansaldi, cerca ogni possibile indizio per trovare un nodo di congiunzione tra i due tragici eventi, eppure l'universo sembra condurli solo a una soluzione, che vede le due dipartite come eventi nettamente separati. Quando ogni ragionamento si conclude con la mancanza di una connessione, i sospetti dei poliziotti diventano incessanti, quasi a generare una rete che diventa via via più fitta. Sorgono dubbi, testimonianze, viaggi in auto e turni incessanti, tutto pur di smentire quella che sembra la realtà dei fatti. Una realtà che, come dice lo stesso titolo del romanzo, è invero controllata da pescecani, esseri senza scrupoli fedeli solo ed esclusivamente ai propri interessi, scaturiti dall'ammaliante bellezza del vile dio denaro. E Morlupi, ricorrendo alla voce del narratore onnisciente e agli incalzanti dialoghi tra i protagonisti, non si lascia sfuggire l'occasione di criticare un mondo ormai alla deriva, desideroso di raggiungere la vetta della modernizzazione allo scopo di vincere la medaglia d'oro della perfezione, percorso che, malgrado ogni sforzo, porta in realtà a risultati disastrosi. Con una scrittura affascinante, giustamente caratterizzata da esplicativi riferimenti alla cultura pop, Morlupi ci regala un giallo intricato, con tasselli complessi quanto i suoi personaggi, di cui delinea i tratti in modo estremamente intelligente, incastrandoli con maestria all'interno della narrazione e suscitando nel lettore una repentina simpatia per i Cinque di Monteverde, amabili e indefessi delfini difensori della giustizia, di cui speriamo di leggere ancora per molto.

Come delfini tra pescecani - Un'indagine per i Cinque di Monteverde (Salani, 2021) è in tutte le librerie. 

domenica 14 marzo 2021

"Arsenio Lupin - Ladro gentiluomo" di Maurice Leblanc

"Sei furbo, Lupin". Chi non ricorda la famosa sigla del cartone animato? Indimenticabile, certo, e altrettanto evocativa. Perché leggendo Arsenio Lupin - Ladro gentiluomo viene da pensare solo questo: l'astuzia e la furbizia di Lupin sono talmente grandi da renderlo incredibilmente attraente. Ideato agli inizi del secolo scorso da Maurice Leblanc, Lupin è per antonomasia il ladro gentiluomo: dotato di un'astuzia fuori dal comune, riesce a ideare piani ben congegnati per eseguire furti memorabili, spesso con l'intento di restituire il bottino ai legittimi proprietari. Una delle sue abilità riguarda il trasvestimento: egli, infatti, è capace di mascherare il suo aspetto per assumerne uno completamente diverso, così da passare inosservato o addirittura sviare le indagini che riguardano il famoso ladro.
È inevitabile: leggendo di Lupin, la nostra mente ricorda Sherlock Holmes, il famoso detective di Sir Arthur Conan Doyle, ma anche Poirot, l'investigatore belga di Agatha Christie. Personaggi diversi tra loro, certo, eppure così ben descritti, sia fisicamente che a livello psicologico, da diventare eterni. Talmente eterni che a distanza di anni (cento e più!) il pubblico vuole sentir parlare ancora di loro. Lupin, per esempio, è diventato prima un famosissimo manga e poi un anime. E non bisogna dimenticare l'omonima serie Netflix, in cui Omar Sy interpreta Assane Diop, che, ispirandosi alle avventure di Lupin, riesce a fare, a modo suo, giustizia. Ed è proprio nella serie Netflix che si scorge un'edizione del tutto particolare della prima raccolta di racconti di Leblanc con protagonista il ladro gentiluomo: un testo finemente decorato, con rilegatura in pelle e un'immagine stilizzata di Arsenio Lupin sulla copertina. Non un'opera di fantasia, però, perché Salani Editore ha portato in Italia questa strabiliante edizione, fedele a quella visibile nella serie e soprattutto all'originale, con i primi nove racconti che Leblanc ha dedicato a Lupin. Nove racconti in cui l'autore crea la giusta tensione, perché Lupin, anche se assente dalla scena in quel preciso istante, fa percepire la sua presenza. Una presenza a tratti inquietante, ma senza dubbio affascinante, destinata a riecheggiare nei secoli.

giovedì 11 marzo 2021

"Sangue inquieto" di Robert Galbraith: alla ricerca di una verità sepolta

Una donna scomparsa quarant'anni fa. Un serial killer dalla mente lucida e subdola. Un'organizzazione criminale. Due detective straordinari. Possiamo riassumere così la trama di Sangue inquieto, ultima fatica di Robert Galbraith, pseudonimo di J. K. Rowling, che torna nelle librerie con un nuovo episodio della serie Cormoran Strike. Nuovo, intrigante, difficile, perché Strike e Robin, ormai socia dell'agenzia investigativa, si ritrovano ad indagare sulla scomparsa di Margot Bamborough, dottoressa le cui tracce si sono perse nel nulla quarant'anni prima. Assunti dalla figlia, desiderosa di scoprire la verità e donare alla madre, in caso di un triste risultato, una degna sepoltura. I due investigatori partiranno da coloro che frequentavano la dottoressa e dagli appunti di Talbot, il primo responsabile dell'indagine, che tuttavia subirono un improvviso declino, a causa dello stress che portò Talbot alla pazzia. Eppure, in quegli appunti apparentemente disordinati, che affondano nell'esoterismo e nell'astrologia, Talbot vedeva un disegno al limite della perfezione, capace di catturare persino Robin e Strike, che riusciranno a risolvere il mistero di Margot in un trionfo senza precedenti.
Sangue inquieto si avvale di poco più di mille pagine, nell'edizione italiana, per risolvere un mistero lungo decenni, che sembra avere come unico responsabile Creed, efferato serial killer che amava torturare, stuprare e infine uccidere le sue vittime. Un assassino dalla mente estremamente lucida, eppure psicolabile, principale sospettato della scomparsa di Margot e, purtroppo, anche delle critiche di chi il libro ancora non l'ha letto. Perché Creed amava indossare un cappotto femminile, per poter suscitare la simpatia delle sue future vittime, e, aggiungendo l'opinione, lecitamente sbagliata, della Rowling in merito alle persone trans, gli amabili leoni da tastiera hanno prontamente annunciato di voler boicottare il romanzo, solo all'idea che una persona trans potesse essere responsabile di quelle vittime. Eppure, in nessun punto del romanzo, si evince una critica, nemmeno accennata, ai transessuali. L'unico intento è, infatti, quello di raccontare di Strike e Robin, della loro agenzia alle prese con vari casi, dei loro collaboratori e delle fatiche di una vita caotica. Ognuno perso negli affanni quotidiani, Strike e Robin, soci e amici, riusciranno a sorreggersi a vicenda, affrontando non solo un caso complicato, ma anche eventi personali che rischiano di minare la loro stessa stabilità emotiva. Ancora una volta, J. K. Rowling si dimostra una scrittrice dalla penna fine, in grado di intrecciare i dettagli del caso con la vita privata dei protagonisti, corredati da una suggestiva descrizione dei luoghi visitati dai nostri protagonisti, senza mai perdere di vista il filo del discorso. Forse, a primo impatto, la lunghezza di Sangue inquieto può spaventare, eppure l'intreccio, lo stile, le emozioni che suscita sono funzionali alla comprensione della storia in sé. È poi da riconoscere all'autrice la capacità di aggiungere l'elemento esoterico senza perdersi in un labirinto di congetture e false piste, ma anzi considerandolo per quello che è, ovvero un contorno, utile, se preso con le pinze, per risolvere il caso. Così facendo, Sangue inquieto entra di diritto nella rosa dei migliori gialli degli ultimi tempi, in attesa di rivedere i nostri investigatori alle prese con un nuovo, emozionante caso.

martedì 2 marzo 2021

"Le Streghe" di Roald Dahl

Guanti per nascondere i lunghi e aguzzi artigli, una fastidiosa parrucca che ricopre la testa calva, grandi narici dal bordo roseo e incurvato, pupille che cambiano colore e piedi senza dita. Così la nonna descrive le streghe al suo dolce nipotino, protagonista di uno dei romanzi più famosi e amati di Road Dahl, definito dal Times "il pifferaio magico dell'era moderna". Pubblicato in una nuova edizione speciale da Salani Editore, Le Streghe racconta di una lotta sfrenata contro il male che impera in questo mondo, dove le streghe, governate dalla perfida Strega Suprema, si alleano per far fuori tutti i bambini, trasformandoli in orripilanti topi che i loro stessi genitori uccideranno. Ma nonna e nipote, insieme col coraggioso Bruno, riusciranno a distruggere queste orribili creature.
Ancora una volta Roadl Dahl dimostra di avere la capacità di raccontare e con Le Streghe lo fa prendendo un'antica leggenda e rivisitandola, creando una storia immortale, trasportata sul grande schermo prima nel 1990, con la meravigliosa Anjelica Huston nei panni della Strega Suprema, e poi nel 2020, con protagonisti Anne Hathaway, Octavia Spencer e Jahzir Kadeem Bruno. Tuttavia, bisogna dirlo, pensare che i racconti di Roadl Dahl siano esclusivamente dedicati all'infanzia significa commettere un errore. Perché, come ogni autore per bambini che si rispetti, Dahl deve essere letto entro i primi dieci anni d'età e poi di nuovo da adulti. È la regola. Il suo linguaggio semplice e l'incommensurabile fantasia sono i suoi tratti distintivi, sicuramente scaturiti dal territorio norvegese che gli ha dato i natali ed è parte di lui, nonché fonte di innumerevoli miti e leggende. Tratti distintivi che nascono anche e soprattutto da una vita difficile, che probabilmente lo ha reso un problema per le case editrici (si dice che fosse antisemita e misogino), ma comunque in grado di trarre, proprio dai momenti più complicati della sua esistenza, insegnamenti che ha messo poi al servizio della sua fantasia, creando indimenticabili storie con al centro il delicato mondo dei bambini. Raccontando dal loro punto di vista, infatti, sarà possibile, per il giovane lettore, immergersi in un mondo magico, ricco di pericoli e avventure, mentre i più grandi potranno chiedersi se svolgono il ruolo di genitori ed educatori in modo appropriato. Perché sì, Dahl racconta di bambini ai bambini, ma di mezzo ci sono sempre i grandi, che non riescono ad assolvere al loro compito e a creare l'ambiente giusto per la crescita del bambino. Certo, gli anni in cui egli scriveva erano ben diversi da quelli attuali, ma l'infanzia è da sempre al centro di un profondo dibattito e la voce di Dahl, anche a distanza di quarant'anni, si fa forte e potente e punta il dito contro quegli adulti che negano l'infanzia stessa, incuranti della delicatezza con cui dovrebbero trattare un bambino, il quale si ritrova nell'età della scoperta, dell'apprendimento, della curiosità e dell'accettazione. In questo senso, allora, diventa fondamentale la figura della nonna: nonostante la veneranda età, la donna si fa in quattro per difendere il nipotino e si assicura del suo benessere. E proprio da lei il nostro protagonista fa suo un importantissimo insegnamento: "Non importa chi sei né che aspetto hai. Basta che qualcuno ti ami". Una frase semplice, corta, che Dahl utilizza in chiusura del romanzo come monito per gli adulti. Ecco, quindi, la grandezza di Roald Dahl scrittore: raccontare a piccoli e grandi, facendo divertire i primi e ricordando ai secondi il rispetto dell'innocente e pura età dell'infanzia.

giovedì 4 febbraio 2021

"Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop" di Fannie Flagg: ricordi gustosi di una grande famiglia

Due generazioni, lontane e diverse tra loro, sono protagoniste di Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop, romanzo di Fannie Flagg pubblicato nel 1987 e divenuto qualche anno dopo un film di grande successo, candidato a due Premi Oscar. La storia si dipana tra il bollettino di Dot Weems e i racconti della signora Threadgoode all'amica Evelyn Couch. Grazie al bollettino dell'attenta e informatissima signora Weems, prendiamo confidenza con la cittadina di Whistle Stop, teatro di personaggi che suscitano immediatamente la curiosità del lettore. La memoria della signora Threadgood, invece, ci permette di scavare più a fondo, di entrare nella vita di quei personaggi, conoscere la loro storia, per arrivare quasi a considerarli nostri amici. Al centro della narrazione vi sono Idgie, scalmanata ragazza ribelle, e Ruth, dolce e seria. Insieme, le due gestiscono il Caffè, offrendo un menù ricco e prelibato a prezzi stracciatissimi, senza mai sottrarsi al desiderio di aiutare i meno fortunati, come se fosse un obbligo morale, ma che in realtà parte dal cuore. Ecco, i personaggi di questa cittadini sono persone di vero cuore, genuine, in grado di rendere la vita della stessa Whistle Stop una grande famiglia. Fannie Flagg ci catapulta in una storia riccamente decorata, dove quello che sembra un omicidio rischia di mettere a repentaglio tutti gli abitanti e dove un amore viene taciuto per anni, ma solo a parole. E tutto questo la Flagg lo fa con il tratto giusto e una profonda intelligenza ironica, trattando un tema quanto mai attuale: il razzismo. Partendo dalla fine degli anni Venti, l'autrice ci mostra uno spaccato della società americana del secolo scorso, una società in cui l'uomo bianco è l'unico essere vivente degno di rispetto e stima, mentre il nero deve essere relegato alla schiavitù e all'offesa gratuita. Eppure, proprio i personaggi di colore sono quelli che conquistano, a riprova del fatto che il colore della pelle è solo il risultato di un gioco genetico e non specchio della nostra vera essenza. E poi, ancora, l'autrice riesce, in appena tre pagine, a distruggere secoli interi di becero maschilismo, rivendicando l'uguaglianza della donna e la sua forza, per nulla inferiore a quella maschile. Con uno stile leggero, ma riflessivo, Fannie Flagg ci rende partecipi della vita semplice, ma comunque movimentata, di Whistle Stop, attraverso i ricordi di chi, in quella cittadina, ci ha vissuto. Ricordi che sembrano il fresco vento dell'estate, quando ci si innamora e si tocca il cielo con un dito, tanto che alla fine penserete di essere voi stessi a Whistle Stop, in quell'accogliente Caffè, a godere di un piatto di "pomodori verdi fritti e granturco alla panna, sei fette di pancetta affumicata, qualche cucchiaio di fagioli di Lima e quattro enormi e leggerissimi biscotti al latticello".

martedì 2 febbraio 2021

"Il Regno Capovolto" di Marie Lu: gioie e dolori di Nannerl Mozart

Deve essere stato difficile per la traduttrice rendere in italiano Il Regno Capovolto di Marie Lu, non tanto per il linguaggio e lo stile, che immagino non siano molto lontani da quelli resi nella versione italiana, ma perché protagonista è l'illustre famiglia Mozart e in particolar modo i figli Maria Anna e Wolfgang. Affettuosamente soprannominati Nannerl e Woferl, il romanzo prende spunto da un annedoto: i due fratelli da piccoli solevano inventare la storia di un regno speculare al nostro mondo, ma capovolto, appunto. Da qui prende avvio la vicenda narrata da Lu, dove troviamo il genio brillante e precoce di Woferl e il talento nascosto di Nannerl, costretta a vivere all'ombra del fratello e provando verso il riconoscimento dell'estro creativo di Wolfgang un forte senso di invidia, pur ammettendone la preziosità. Ecco, quindi, che Il Regno Capovolto non è solo la storia dell'avventura in un mondo fantastico, ma anche e soprattutto denuncia della condizione femminile durante un Settecento fortemente maschilista, dove la donna non ha diritto di parlare o agire senza il benestare del marito o del padre, che assumono pertanto le fattezze di padroni. Una donna che non ha diritto di comporre musica, perché esclusivo appannaggio dell'uomo. Una donna che non gode del diritto di esistere in quanto tale, ma solo se in relazione alla figura maschile della sua vita, che sia un padre, un fratello o un marito. Tema, questo, che si accompagna a una forte presenza della musica: il linguaggio musicale impregna la storia dando voce alla cosiddetta filosofia della musica, corrente di pensiero ravvisabile già nelle riflessioni dell'antica Grecia. Un linguaggio universale dell'umanità, quello della musica, proprio come disse H. W. Longfellow, capace di arrivare dritto al cuore e alla mente e di creare un regno magico, con due lune a illuminare una fitta foresta, popolata da esseri fatati, re e regine. Nannerl e Woferl partono così per quest'avventura, all'insegna di desideri taciuti a parole, ma gridati col cuore. Desideri di rivalsa su un destino già scritto da quelli che si definiscono i più forti.
Il Regno Capovolto di Marie Lu, con il suo stile squisitamente musicale, introspettivo e un'adeguata dovizia di particolari, è un romanzo fantastico che affida a Nannerl la voce di chiunque sia costretto a far tacere la propria identità. Ma sono proprio la nostra voce, la nostra mente, il nostro cuore e i nostri talenti, di qualunque genere, le uniche armi di cui necessitiamo per dire al mondo "Io esisto e valgo tanto quanto te".

Il Regno Capovolto 
di Marie Lu, edito da Oscar Mondadori Vault
In libreria da oggi 2 febbraio


giovedì 28 gennaio 2021

"Io non ti lascio solo" di Gianluca Antoni: storia di un'amicizia senza tempo

Quando il maresciallo De Benedittis si ritrova tra le mani due diari, la memoria sembra riportarlo indietro nel tempo, quando la scomparsa di un bambino metteva in dubbio la testimonianza di uno scontroso montanaro e quando, anni dopo, due bambini sarebbero andati alla ricerca del cagnolino Birillo, perso tra i monti e probabilmente preso dallo stesso montanaro. Impavidi, convinti, forti e tenaci, Filo e Rullo mentono alle rispettive famiglie e partono per quest'avventura, che li porterà a scontrarsi ferocemente con Guelfo Tabacci e il suo pericoloso cane da guardia Diablo. Aiutati da Amélie e Scacco, Filo e Rullo dovranno fare i conti con Guelfo, pronto a difendere la sua proprietà, e con una verità che spinge sempre più per venire a galla. 
Vincitore del torneo IoScrittore e del premio Romics, Io non ti lascio solo è il romanzo che Gianluca Antoni, classe 1968, scrive per narrare di forza e fragilità tipiche dell'infanzia, frutto della sua lunga esperienza come psicologo e psicoterapeuta. Se in Filo si può riconoscere la componente razionale dell'essere umano, Rullo rappresenta invece un concentrato di emozioni che mettono a repentaglio il suo coraggio, inducendolo sempre più a nascondersi dalle intemperie della vita. Ma Rullo diventa anche simbolo di creatività, di immaginazione, vera essenza di bambino, capace di regalare all'amico spensieratezza e avventure, seppur con un pizzico di timore, buttando fuori dal loro personale mondo il dolore di una vita crudele. Vita che non ha risparmiato nemmeno lo stesso Guelfo, che spera di poter vivere nuovamente quella felicità che ha potuto assaggiare solo per poco e che gli è stata ingiustamente strappata via senza alcuna pietà.
Quella che sembra la narrazione della ricerca di un cagnolino diventa, grazie a una scrittura ritmata, fine e attenta ai dettagli, la dolcissima storia di uno scontro con una realtà cattiva, opponendo ad essa l'arma migliore: l'immaginazione, che non è rifiuto di assumersi le proprie responsabilità, ma anzi strumento per affrontare con lo spirito giusto ciò che la vita ha da offrire. Ed è anche la storia di un'amicizia che va al di là del tempo e dello spazio, che dona il coraggio per esistere e resistere a una verità che, una volta esplosa, lascia senza fiato, perduti. Ma è proprio a quel senso di perdizione che dobbiamo attingere, perché, in fin dei conti, non siamo mai soli. Abbiamo sempre noi stessi, con tutte le nostre sfaccettature, i nostri difetti e pregi ed è in noi che risiede la forza per affrontare a testa alta gioie e dolori.
Gianluca Antoni scrive un romanzo carico di emozioni e capace di affrontare con estrema delicatezza il fragile e innocente mondo dei bambini, suggerendo agli adulti di fermarsi talvolta, per ascoltare quella piccola voce innocente che, inconsciamente, ha in sé tutti i segreti della vita.
Un ringraziamento speciale a Salani Editore, per avermi regalato il piacere e l'onore di leggere in anteprima un romanzo destinato a entrare nel cuore di grandi e piccoli.

lunedì 4 gennaio 2021

L'Angolo di Oz - novembre/dicembre

Buon anno, amici! Finalmente il funesto 2020 è andato via, con la speranza che il nuovo sia un anno ricco di soddisfazioni e soprattutto salute. Ultimo appuntamento con L'Angolo di Oz, rubrica di ricapitolazione di cio che il vostro alpaca ha letto e visto durante l'anno. 


NOVEMBRE

📺 Like a boss - Amiche in affari
Classica commedia americana sul mondo del business. 
Voto: 7/10

📺 Bad Moms 1,2
Commedia americana in due atti sulla difficoltà di essere una mamma. 
Voto: 7/10

📺 What men want
Remake del classico' What women want' al femminile. Godibile, nonostante la lunghezza. 
Voto: 7/10

📺 Holidate
Con l'arrivo del Natale, Netflix sforna una commedia carina con Emma Roberts, dove la storia copre l'intero anno e le sue festività. 
Voto: 8/10

📺 Dash & Lily
Tratto dall'omonimo romanzo, questa serie parla del destino, con un Natale da favola a far da sfondo. 
Voto: 10/10

📺 The Crown / Quarta stagione
Torna la famiglia reale britannica nella serie kolossal Netflix. 
Voto: 10/10

📺 Qualcuno salvi il Natale 1,2
Saga cinematografica con un Babbo Natale scoppiettante. Consigliatissima! 
Voto: 10/10

OTTOBRE

📺 Bridgerton
Serie in costume ambientata in una utopistica Inghilterra ottocentesca. 
Voto: 9/10

📖 L'Ickabog 
Favola per bambini e adulti nata durante il lockdown dalla magica penna di J. K. Rowling. 
Voto: 10/10

📖 Poirot. Tutti i racconti
Cinquantadue racconti con protagonista il famoso investigatore dai baffi perfetti. Unica, immensa Agatha Christie. 
Voto: 10/10

📖 Ora dimmi di te. Lettera a Matilda
Andrea Camilleri scrive alla sua nipotina. Una lettera a cuore aperto che parla di vita e storia. 
Voto: 10/10

📖 Happydemia
Giacomo Papi prende la realtà e la distorce, portandoti a credere che si tratti solo di una distopia. E invece no. 
Voto: 10/10

📖 Heartstopper / Volume 2
Tornano Nick e Charlie e i nostri cuoricini si scaldano. 
Voto: 10/10

📖 Il fantasma del lettore passato 
Racconto natalizio che prende spunto dal celebre 'Canto di Natale' di Dickens. 
Voto: 10/10

📖 Di cosa parliamo quando parliamo d'amore
Nemmeno Carver sa rispondere a questa domanda. Eppure i suoi racconti trasudano amore, in tutte le sue sfaccettature. 
Voto: 9/10

📖 La quattordicesima lettera
Erroneamente paragonato al meraviglioso 'Le sette morti di Evelyn Hardcastle', questo romanzo racconta della brama di un mondo perfetto, raggiungibile a ogni costo. 
Voto: 8/10

📖 L'Orma
Per chi non la conoscesse, questa collana pubblica dei volumetti pronti per essere spediti. Al loro interno, le lettere di personaggi che hanno cambiato la storia, tra cui Marie Curie, Rilke e Dickinson. Estetica spettacolare per un contenuto praticamente perfetto. 
Voto: 10/10

Ci siamo. Termina così quest'appuntamento. Ammetto che il 2020, nonostante mi abbia messo alla prova, ha anche permesso di perseverare. Le due rubriche portate avanti nell'anno appena trascorso sono il risultato di un lavoro che, checché se ne dica, ha richiesto comunque una certa fatica. Ma il passato è passato. Possiamo solo guardare indietro e imparare, perché un nuovo anno è cominciato e ci aspettano ancora mille avventure. Fate i bravi, amici!