-
Simone, mi permetto di darti del tu perché dopo aver letto
“Vita con Lloyd” ti sento come un amico. Vorrei iniziare dalla classica domanda
che si pone ad uno scrittore: quando hai sentito la vocazione della scrittura?
A quattordici anni. Da allora ho sempre e solo voluto fare
lo scrittore. E ho fatto in modo che la cosa funzionasse.
-
Nel volume “Vita con Lloyd” affronti temi che attanagliano
l’animo umano ogni giorno e lo fai con magistrale capacità. Immagino, e credo
sia proprio così, che dietro le risposte di Lloyd ci sia una certa
consapevolezza da parte tua riguardo, ad esempio, l’amore o il passare degli
anni. Potremmo quindi definire Lloyd come la voce della nostra coscienza?
Direi più come la voce della coscienza altrui. Questo
maggiordomo non parla dentro di noi, ma fuori da noi. Le sue parole sono quelle
che spesso non riusciamo a pronunciare a noi stessi.
-
I dialoghi che hai creato tra sir e Lloyd sono brevi, ma di
forte impatto. Hai mai percepito il desiderio di includerli in un elaborato più
lungo, come un romanzo?
Ne riparliamo il 28 settembre.
-
Durante la lettura ho avuto diversi sussulti d’animo. Mi son
ritrovato, spesso, ad alzare gli occhi al cielo, con la bocca spalancata,
sospirando “Per la miseria, ha ragione! È proprio così!”. E, circa a metà
libro, ho capito che questo volume non può far parte della narrativa o della
saggistica, ma della filosofia. Senza peccare di vanità, ti piacerebbe essere
definito filosofo?
La filosofia è una disciplina con millenni di storia alle
sue spalle. I filosofi hanno una formazione specifica ed estremamente
approfondita. Che io non ho. Se proprio devo essere definito in qualche modo,
direi che sono più un buon osservatore. E nulla più.
-
Lloyd si presenta come un amico fidato di sir, quello che a
volte ci manca per dare voce concreta ai nostri pensieri, ai nostri dubbi.
L’uomo risponde con eleganza e pacatezza d’animo, utilizzando spesso metafore
semplici, ma di forte impatto, con cui risulta facile immaginarsi questi due
uomini che conversano di fronte ad una tazza di tè o ad un ottimo pranzo, tanto
da permettere alla nostra mente di essere invasa da un’impressione, proprio
come quella dei grandi pittori ottocenteschi. Quando hai raccolto i dialoghi
tra sir e Lloyd, era proprio questo il tuo obiettivo?
Mi
piacerebbe risponderti che c’era un obiettivo. Perché gli obiettivi, quelli
ampi, quelli chiari e puntuali, sono importanti nella vita. Anzi, se per caso
te ne avanza qualcuno, me lo dai?
-
Restando sempre in tema dell’impressione che i dialoghi tra
sir e Lloyd suscitano, troveresti interessante l’idea di dare vita ad un’opera
cinematografica di “Vita con Lloyd”?
Complesso e difficile. C’è un maggiordomo immaginario che
non si vede mai. C’è un signorotto dalla fisionomia liquida. C’è una voce che
tutti sanno qual è, ma che è sempre diversa. C’è una magione di fantasia. E poi
c’è un autore sciocco che fa fatica ad adattare sé stesso, si pensi le sue
opere.
-
Tornando, adesso, alla scrittura, hai in corso altri
progetti, magari con protagonisti nuovamente sir e Lloyd?
Ne riparliamo il 28 settembre (cit.).
-
Quali sono i consigli che daresti ad uno scrittore in erba?
Scrivi. Tanto. Sempre. Abbi fame di pubblicare, ma di
pubblicare nei luoghi giusti. Difficile è arrivare subito alle case editrici,
meglio iniziare dalle riviste letterarie. Sono un buon “banco di prova” e, di
sicuro, un esordiente che si presenta con alle spalle delle cose già valutate
da altri in maniera positiva è più avvantaggiato. E infine un grande, unico,
consiglio: scrivere non vuol dire solo pubblicare libri. (Ma anche rispondere a
interviste)(sto scherzando)(forse).
- Qual è il
segreto per trovare il nostro personale Lloyd?
Contare fino a 150. Sempre. E non avere paura di sentirsi stupidi
ai propri occhi. Sempre.
Nessun commento:
Posta un commento