domenica 20 agosto 2017

Intervista a Don Alemanno, il genio creatore di Jenus


Cinque anni fa circa fa Dio manda sulla Terra suo figlio, per la seconda volta. Jenus non atterra dolcemente, ma si sfracella al suolo, subendo gravi problemi alla memoria: come dice l'autore stesso, infatti, "ha tutte le risposte, ma non se le ricorda". Inizia così un viaggio che porterà Jenus e il suo fedele compagno Angius, l'Agnello di Dio, a scontrarsi con i grandi usurpatori della fede. 


Per conoscere questo personaggio, la sua storia, le sue battute irriverenti, basta leggere il fumetto. Ma non è così semplice conoscere il suo creatore. Per questo gli abbiamo fatto alcune domande.

-        Iniziamo da una classica domanda: chi è Don Alemanno?

Ti rispondo con un estratto dalla mia biografia ufficiale: "Don Alemanno nasce abbastanza anni fa, in un luogo esistente e da genitori. Le sue prime parole furono parlate e molti raccontano su di lui cose. Tra queste cose, una in particolare. Autore del fumetto Jenus, a coloro che gli chiedono da dove gli sia venuta l’idea, egli risponde. A volte invece, non risponde. Prima di fare il fumettista, faceva altri lavori e tra questi ce n’era uno che gli piaceva particolarmente, soprattutto la domenica ché non lo faceva. Molti si chiedono se abbia un giorno preferito della settimana. Il primo a farsi questa domanda fu lo zio. Lo zio di chi, non è dato saperlo. Don Alemanno morì la notte del 3, in circostanze misteriose. L’ultimo a vederlo fu l’assassino, al suo posto ora, una controfigura frequenta le fiere riproducendone alla perfezione la parlata e le movenze, tranne per un particolare di non poco conto. Tra le frasi celebri di Don Alemanno c’è quella che disse sul Papa".

-        Quando è nata la passione per la scrittura?

Non so bene come dirtelo senza sembrare uno stronzo, ma in realtà non c'è alcuna particolare passione alla base dell'esistenza di Jenus. Non ho iniziato a disegnarlo per “passione”, nel significato comune del termine. I fumetti e il disegno in generale sono sempre stati un riempitivo sporadico, un po' come gli scarabocchi che si fanno su un foglio trovato sul tavolo, mentre si parla al telefono. Ho letto pochissimi fumetti, ne conosco pochi tutt'ora e le uniche infarinature su come si faccia un fumetto o si scriva una sceneggiatura me le ha date Riccardo Secchi (figlio del noto Max Bunker), dopo che avevo già iniziato Jenus da circa due anni. Se credessi all'esistenza del caso, ti direi che Jenus è nato per puro caso.

-   Jenus è un’opera di ironia, sarcasmo e profonda verità, ma molti la considerano blasfema. Cosa rispondi a questi detrattori?

Rispondo che hanno ragione. Jenus tecnicamente è blasfemo, su questo non ci piove. Per essere blasfemi non è necessario bestemmiare, è sufficiente che venga dissacrato un simbolo sacro o un rappresentante delle gerarchie ecclesiastiche. Nonostante ciò, molti che si professano credenti dicono di seguire Jenus. Inizialmente pensavo che questo fosse parecchio contraddittorio, ma poi ho capito che è solo sintomo di una apprezzabile apertura mentale. Mi rendo conto che si tratta di un'espressione abusata, ma rende l'idea.

-    Per creare un progetto come Jenus, è indispensabile conoscere la Bibbia. Prima di cimentarti nella formulazione del fumetto, hai studiato esclusivamente il Testamento o hai attinto informazioni anche da altre fonti?

Sono anni che leggo molto sulla materia, quindi non mi sono limitato alle Sacre Scritture. Mi sono interessato a capire quali fossero le fonti storiche che confermano una serie di episodi biblici (vedi Giuseppe Flavio, ad esempio), ma soprattutto mi sono interessato agli errori di traduzione del testo masoretico (quello da cui traduciamo le Bibbie occidentali). A questo aggiungiamo che sono un fan sfegatato di Gesù, e capisci che non potevo non usarlo come personaggio principale del mio fumetto. Quest'ultima affermazione potrebbe sembrare una cazzata, ma è forse la cosa più vera che possa dire in quest'intervista.

-        Personale curiosità: perché proprio il tema religioso?

Ho sempre guardato con estrema curiosità al modo in cui l'essere umano gestisce la fede religiosa. Fondamentalmente consiste nel credere ciecamente a dogmi e precetti decisi a tavolino da sedicenti profeti, o nel migliore dei casi a traduzioni manipolate di testi antichi, scritti da uomini per gli uomini. Questi uomini asseriscono di essere detentori di verità rivelate, e i fedeli non mettono in dubbio la validità di queste affermazioni, sebbene in prima persona non abbiano avuto esperienze che le confermino. Ovviamente tutto questo ha delle eccezioni, ma nella stragrande maggioranza dei casi la situazione è questa. A questo aggiungo il fatto che il 99% di coloro che si professano cristiano-cattolici non sanno proprio nulla del loro libro di riferimento, perché non l'hanno nemmeno mai aperto.

-     Adesso sei autore di NaziVeganHeidi: quando hai sentito l’ispirazione di modificare il personaggio della dolce bimba che vive sui monti insieme al nonno?

Avevo già in mente una storia sui vegani, da un anno circa, perché da assiduo ascoltare del programma radiofonico “La Zanzara” di Giuseppe Cruciani ho sentito spessissimo parlare dell'argomento. Poi parlando con il mio editor venni a sapere, alla fine del 2016, che i diritti della storia di Heidi stavano per scadere, dal momento in cui stavano per trascorrere i 70 anni dalla morte della scrittrice del libro. Non ho fatto altro, quindi, che adattare la storia che avevo in mente al personaggio di Heidi, e il risultato è stata questa roba totalmente fuori di testa. Devo dire che i lettori mi hanno dato fiducia per la seconda volta: grazie anche all'eccellente lavoro grafico di Boban Pesov, il volume ha attirato così tanta curiosità sin dalla prima pubblicazione della cover su Facebook da divenire dopo pochi giorni un best seller su Amazon. E tutt'ora mantiene sempre ottime posizioni, in attesa dell'uscita del secondo e ultimo volume a Lucca Comics 2017.

-       Quali sono i consigli che daresti ad uno scrittore o fumettista in erba?

Innanzitutto fumatela, quell'erba. Poi apri una pagina Facebook e lotta come un drago per far conoscere alla gente ciò che fai. Se le tue idee son buone, sarà il pubblico a darti ragione. A questo nulla ti impedisce di associare uno studio della materia, tramite una scuola del fumetto o qualcosa di simile. Ma dire che sia una cosa “necessaria”, è una cazzata galattica. La tecnica ti permette di fare meglio, se ce l'hai. Ma puoi avere tutta la tecnica del mondo, che se non hai delle idee che piacciono nessuno ti cagherà comunque.

-       Come ti vedi fra dieci anni?

Verticale.




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