"Non esistono più le mezze stagioni". Lo diciamo spesso, vuoi per scherzo, vuoi perché si passa dal caldo infernale al freddo pungente che ti colpisce le ossa. Per me, invece, le mezze stagioni esistono ancora e ogni anno ne ho percezione quando finisce agosto e inizia settembre. Le giornate si accorciano, il sole è meno forte e il cielo, da azzurro limpido, diventa via via più grigiastro. Ma la vera conferma arriva quando settembre lascia il posto a ottobre. Le magliette con le maniche corte spariscono dai nostri armadi, mentre fanno capolino le felpe dal tessuto più pesante. In famiglia, poi, ci adoperiamo tutti per sistemare la legna che i nonni acquistano e con cui fronteggieranno il freddo invernale. Qualche giorno fa, rientrato da lavoro, ho percepito sulla pelle un certo calore, preludio di quello che emaneranno, a breve, i termosifoni. Mi sono diretto verso la cucina, per preparare il caffè, e li ho visti. I mandarini. Il loro colore arancione mi è saltato subito all'occhio e potevo già sentire il loro inconfondibile profumo. Accanto, un contenitore di plastica con le loro carissime amiche castagne. Oggi è domenica. Mamma prepara il pranzo e il profumo delle pietanze aleggia per tutta casa. Prendo la padella coi fori sul fondo, faccio una croce e le cuciniamo. Assaporo in fretta il primo e il secondo, lasciando spazio per ciò che amo di più. La nostra tavola si riempie di bucce di mandarino e scorze di castagne. Non riuscirò mai a trovare le parole giuste per esprimere quella strana, ma calda sensazione di benessere, sollievo e calore che nasce in me al cader delle foglie, quando tutto diventa marrone. "Non esistono più le mezze stagioni", dicono. Ma, nonostante negli ultimi anni molte cose siano cambiate, c'è sempre la certezza che qualcosa ci aspetti, immutato. Come a dire, "Ecco, vedi? Tu sei cresciuto, ma potrai sempre contare di me".
domenica 14 ottobre 2018
mercoledì 4 aprile 2018
Quando ti bacio di Erich Fried
Quando ti bacio
non è solo la tua bocca
non è solo il tuo ombelico
non è solo il tuo grembo
che bacio
Io bacio anche le tue domande
e i tuoi desideri
bacio il tuo riflettere
i tuoi dubbi
e il tuo coraggio
il tuo amore per me
il tuo amore per me
e la tua libertà da me
il tuo piede
che è giunto qui
e che di nuovo se ne va
io bacio te
così come sei
e come sarai
domani e oltre
e quando il mio tempo sarà trascorso
Erich Fried
Oggi siamo spinti a voler plagiare la persona che ci sta affianco, trasformando ciò che è in ciò che non è, per il semplice gusto di appagare il nostro animo. D'altro canto Fried, in questi versi, manifesta il suo sentimento per una persona così com'è e come sarà. Ama questa persona in ogni sua particolarità, fisica e psicologica, denotando la bellezza che risiede nei dettagli e dando vita a un amore che non avrà alcun legame col tempo.
sabato 31 marzo 2018
Vagamente Suscettibile Evolution!

Pierpaolo Mandetta scrive
questo libro con il pretesto di consigliarci come diventare scrittori e
blogger. Ma ciò che ho percepito durante la lettura è la testimonianza di un
ragazzo, l’urlo liberatorio di chi ha finalmente compreso la bellezza della
vita e ha trovato una cura per le sue ferite. Pierpaolo ha scalato una montagna, si è fermato più volte, ha visto la vetta
allontanarsi, poi farsi vicina e poi allontanarsi di nuovo. Allora si è seduto
su una pietra trovata lì per caso, si è coperto il viso con le mani e in quella
sconfinata solitudine ha capito di non essere solo, perché non si è mai davvero soli quando ci ricordiamo di avere noi stessi.
Ha fatto leva su tutte le sue forze, ha spiegato le ali che alcuni hanno cercato
di strappare e ha deciso di resistere, di lottare, di continuare. Forse cederà,
in futuro, ma poi ripartirà, perché ha fatto sua la libertà di scelta e lui ha
scelto di essere, di esistere, di amare. Al diavolo le costrizioni sociali, le
figure opprimenti, le omologazioni. Con una scrittura incalzante, a tratti
malinconica e irriverente, Pierpaolo ci regala una delle più grandi verità che
in pochi hanno il coraggio di rivelare: noi
siamo l’umanità che resiste. È questa la nostra missione: continuare a tenerla
accesa, e in questa incessante lotta dobbiamo indossare l’armatura dell’indipendenza,
con cui affermare il nostro libero arbitrio, il nostro vero io, così da perderci, allontanarci da
un traffico pieno di smog e raggiungere la nostra vetta.
domenica 25 marzo 2018
Intervista a Claudio Gerardi, autore di lullabyforoldkids

Cominciamo con la classica domanda: chi è Claude?
Claude è lo pseudonimo
che ho dato al protagonista del miei disegni. Il mio nome reale invece è Claudio
Gerardi. Sono un ragazzo di 22 anni che studia Graphic Design all'Accademia di
Belle Arti di Torino. Tra le mie passioni figura anche quella dell’illustrazione, che ho scelto come mezzo ideale per raccontarmi, come una sorta di diario
personale.
Quando e da dove è nato il progetto lullabyforoldkids?
Questo
progetto è nato da una canzone un po' fiabesca che ho scritto per il mio quasi ex gruppo i Dis Quiet Place - dico
quasi perché potrebbe esserci un ritorno di fiamma - chiamata Lullaby For an
Old Child e parla di un ragazzo che vuol ridare colore al suo mondo cupo e
grigio. Il progetto di per sé è nato con
l’intenzione di dare un supporto visivo alla mia musica.
Da dove trai l'ispirazione per i tuoi lavori?
Stilisticamente un po' da ovunque, dai libri, dalla musica, dalla
poesia, dall'arte. Cerco di farmi contaminare il più possibile da tutto ciò che
mi risuona e mi comunica una dimensione familiare. Mentre per il contenuto dei miei disegni sono tutti,
o quasi tutti, fatti che mi sono accaduti personalmente e a cui cerco di dare un’interpretazione. Certe
volte disegno anche uno stesso avvenimento da due punti di vista diametralmente
opposti: dipende da come mi sento quando prendo la matita in mano.
I protagonisti delle tue
illustrazioni sono due ragazzini, dai tratti caratteristici e unici, spesso
coinvolti in situazioni di abbandono e malinconia. È questo un modo per
rappresentare le varie facce dell’amore?
Devo dire che
il senso di abbandono e la malinconia sono due tra i sentimenti più presenti
nello spettro delle mie emozioni ultimamente, e questo molto spesso emerge nei
miei disegni. L’Amore “romantico” è un ottimo modo per rappresentare quello
stato d’animo di aspettativa che molto spesso viene disattesa, lasciandoti quel
retrogusto di malinconia. Riporre nelle
mani di un’altra persona la tua felicità è un ottimo modo per costruire una casa con
delle fondamenta molto instabili, e se per disgrazia dovesse finire il male,
beh…vien giù tutto. Penso sia un’esperienza
capitata a tutti nella vita.
Colori tipici dei tuoi lavori sono il bianco e il nero. Cosa rappresentano?
Molto banalmente mi piaceva esteticamente il contrasto
cromatico, anche se sono in qualche modo funzionali alla maggior parte delle
ambientazioni nello “spazio”.
Associando il termine
kids del nome del progetto, bambini in inglese, alla rappresentazione di due
ragazzi all'apparenza piccoli d’età, viene da pensare che il tuo scopo è quello
di esaltare l’innocenza e la purezza dell’età infantile.
E’ esattamente
come hai detto. Il mio intento è sopratutto comunicare con l’onestà tipica dei
bambini. Loro sono sempre molto semplici, diretti e dotati di una grande
intelligenza emotiva intuitiva. Si può dire
che hanno una visione del mondo lucida e imparziale, non filtrata da pregiudizi
che ne alternano la percezione.In un’illustrazione, intitolata “Me as a little prince”, vi è un forte richiamo al Piccolo Principe. Quanto è importante questo romanzo per la comprensione dei tuoi disegni?
Questo è un
libro che tutti dovrebbero leggere, non è un semplice racconto per bambini. Affronta tematiche difficili ed impegnative e
lo fa con una semplicità e leggerezza unica. Ogni capitolo è un allegoria o uno
stereotipo della società contemporanea. Il mio personaggio Claude è una specie
di principe “mezzosangue” - così mettiamo in mezzo anche Harry Potter -, per
certi aspetti ancora vincolato al modo di intendere la vita da“adulto”, ma per altre cose spontaneo come un bambino, e aspira a quella dimensione perfetta che viene incarnata dal
protagonista del romanzo di Antoine de Saint-Exupéry.
Un elemento ricorrente nei tuoi disegni è la natura. Qual è il tuo rapporto col mondo naturale che ci circonda?
Hai mai
pensato di trasformare le tue illustrazioni in un film d’animazione?
Certamente! È un obiettivo. Ultimamente sto anche cercando
io personalmente di imparare ad animare, quindi è possibile che già nei prossimi
mesi vedrete qualche mia illustrazione animata!
E in un
libro?
Anche quello è
un progetto in cantiere. Ho già un abbozzo di storia e spero che prenda sempre
più una forma concreta.
Parlando
adesso dell’autore di questi meravigliosi disegni, quali sono le passioni che
ti caratterizzano?
Come ti dicevo prima, l’altro mio grande amore è la
musica. Faccio un po' tutto: suono la batteria, la chitarra, canto e scrivo
canzoni. Nella band in cui suonavo e cantavo prima eravamo un po' tutti
polistrumentisti ed era divertente cambiare costantemente ruolo. Potete
ascoltare il mio lavoro su Spotify, si chiama “Morning Sun” l’album e la band
Dis Quiet Place.
Disegnare,
scrivere, comporre sono azioni che molti artisti conducono in climi diversi tra
di loro: c’è chi predilige il silenzio assoluto, chi la compagnia di una
melodia rilassante. Qual è, quindi, il tuo clima ideale per dare vita a una
illustrazione?
Per quanto mi
riguarda, una prerogativa per me è la
solitudine totale: mi devo isolare per poter disegnare le mie
illustrazioni, molto spesso accompagnato
da una buona playlist di musica post-rock o dalle mie stesse canzoni.
Oggi viviamo
in una società ipertecnologica, dove i social network, com'è facile osservare,
permettono a molti giovani di farsi conoscere. Quanto è stato determinante per
te Instagram, ad esempio, per raggiungere le migliaia di followers che ti
seguono e ti ammirano?
Direi che è stato molto
determinante. Sono una persona molto introversa ed è difficile per me nella vita
“reale” creare contatti. I social mi
hanno di molto semplificato il lavoro e molto spesso è la gente che viene da
me.
Pensi che i
social network possano, in qualche modo, far perdere la bellezza dei tuoi
lavori?
No. Io cerco
sempre di pensare le mie composizioni tenendo conto del formato di Instagram, quindi quadrato. Certo è un po' limitante a volte...
Ci sono degli
illustratori, magari anche fumettisti, che prendi come fonte di ispirazione?
Ci sarebbe da fare una
lista infinita! Che sono vicini al mio modo di intendere l’illustrazione direi:
Fernando Cobelo, Gianluca Gallo ed Henn-Kim su tutti. Poi a colori Pascal
Campion e Myeong - Minho.
Cosa c’è nel
futuro di Claude?
Il colore.
Quali sono i
consigli che daresti a chi sta per approcciarsi al mondo del disegno?
Di essere perseverante ma non ossessivo, coltivare
delle buone basi e contemporaneamente ricercare un proprio linguaggio
artistico.
sabato 24 marzo 2018
Quando Spielberg incontrò Fellini
La mia prima visita a Roma è stata nel 1971. Ero quasi all’inizio della mia carriera, ed ero qui dopo aver realizzato un film per la tv (USA) che poi sarebbe uscito al cinema col titolo "Duel".
Mi sono addormentato in albergo; mi svegliò il portiere dicendomi che c’era una visita importante per me;
Scesi e trovai ad attendermi Federico Fellini.
Allora ero molto giovane, ma Fellini aveva visto "Duel" ad una proiezione la sera prima ed era venuto a dirmi quanto gli fosse piaciuto.
Mi portò a fare una passeggiata e io vidi Roma attraverso gli occhi di Fellini.
Alla fine della giornata mi riaccompagnò in albergo, poi, sapendo che dovevo incontrare la stampa mi disse:
‘non dare mai due volte la stessa risposta alla stessa domanda.
È sempre importante intrattenere il pubblico, ma è ancora più importante intrattenere se stessi.’
Mi stava dicendo che per conquistare il pubblico, bisogna prima di tutto essere il pubblico.
Quel suo consiglio non l’ho mai dimenticato e molti dei miei film hanno preso questo consiglio alla lettera.
Nel mio ufficio, da 45 anni ormai, ho la foto di quel giorno con Federico Fellini.”
Così Steven Spielberg ai David di Donatello, Marzo 2018.
Mi sono addormentato in albergo; mi svegliò il portiere dicendomi che c’era una visita importante per me;
Scesi e trovai ad attendermi Federico Fellini.
Allora ero molto giovane, ma Fellini aveva visto "Duel" ad una proiezione la sera prima ed era venuto a dirmi quanto gli fosse piaciuto.
Mi portò a fare una passeggiata e io vidi Roma attraverso gli occhi di Fellini.
Alla fine della giornata mi riaccompagnò in albergo, poi, sapendo che dovevo incontrare la stampa mi disse:
‘non dare mai due volte la stessa risposta alla stessa domanda.
È sempre importante intrattenere il pubblico, ma è ancora più importante intrattenere se stessi.’
Mi stava dicendo che per conquistare il pubblico, bisogna prima di tutto essere il pubblico.
Quel suo consiglio non l’ho mai dimenticato e molti dei miei film hanno preso questo consiglio alla lettera.
Nel mio ufficio, da 45 anni ormai, ho la foto di quel giorno con Federico Fellini.”
Così Steven Spielberg ai David di Donatello, Marzo 2018.
mercoledì 14 marzo 2018
Riflessioni di un alpaca
Si sa, imparare a parlare è una tappa fondamentale in ognuno di noi. C'è chi acquisisce la parola tardivamente, chi, invece, sin dai tre anni inizia a emettere suoni che, nell'arco di poco tempo, diventano parole chiare e precise. Così è successo a Oz: aveva quattro anni circa e già si impegnava in discorsi sensati e, molto spesso, pieni di fondamenta. Così, intorno ai sei anni, il nostro alpaca inizia a esprimere la sua passione per la medicina, proferendo quella che poi sarebbe stata una delle sue poche massime: "Io da grande voglio fare il dottore e curare i nordesi". In quel momento tutta la famiglia rise, ma pian piano capirono che non era solo un capriccio di cucciolo di alpaca, ma una vera e propria dichiarazione, una promessa. Gli anni passarono e Oz era sempre più convinto di quanto affermato tempo prima: la sua direzione era quella, la medicina, la scienza, con lo scopo di alleviare le sofferenze dell'essere umano e contribuire, se non alla sua longevità, almeno al suo benessere. Dopo il diploma, giunse il momento di tentare il grande passo: il test di ammissione a Medicina. Due tentativi non furono sufficienti e il nostro alpaca dovette abbandonare l'idea, ripiegando su una facoltà scientifica che non suscitava il suo interesse. Ben presto si vide costretto a cambiare idea: aveva sviluppato un notevole interesse per i corsi che seguiva, era affascinato dalle nozioni che i professori gli impartivano. E, più di ogni altra cosa, aveva percepito, dentro di sé, la nascita di qualcosa fino ad allora sconosciuta: la curiosità. Non osservava ciò che lo circondava con gli stessi occhi di prima. Il cielo era diventato una calotta di buio e luce in cui migliaia di oggetti misteriosi occupavano una posizione. Gli alberi, il mare, persino l'essere vivente più piccolo in assoluto erano considerati materia in cui una miriade di molecole svolgevano determinati compiti. Aveva, per così dire, sviluppato la capacità di non fermarsi all'apparenza, di andare oltre, come se dai suoi occhi partissero raggi X in grado di penetrare ogni barriera. Nel corso degli anni Oz capì di non essere il primo, né sarebbe stato l'ultimo, a chiedersi cosa si nasconde in un millepiedi o cosa fa volare una mosca o perché il cielo è azzurro e poi nero. Prima di lui ci sono stati altri che hanno impiegato tutta la loro vita nel porsi domande e cercare le risposte. Margherita Hack divenne uno dei pilastri della sua curiosità da studente liceale, Notte di stelle la comunione tra la sua passione per la scienza e il fascino della mitologia. Stephen Hawking un esempio da seguire: un indefesso scienziato che non si è lasciato sconfiggere dalla sua malattia, ma, anzi, l'ha erta a sua forza. Oz, grazie a queste e altre figure fondamentali dei tempi passati, presenti e futuri, ha capito che nulla è come si mostra; che l'oltre rompe i confini della nostre mente e che "per quanto difficile possa essere la vita, c'è sempre qualcosa che è possibile fare. Guardate le stelle invece dei vostri piedi".
domenica 4 marzo 2018
Oscar 2018
Il grande giorno è arrivato: questa notte si terranno gli Oscar, una
cerimonia leggendaria che premia attori, film, sceneggiatura, colonna sonora
delle pellicole che hanno riempito i nostri cinema. In occasione di questo
evento, vorrei ricordare l'indimenticabile annuncio della vittoria di Roberto Benigni, con una
visibilmente commossa Sofia Loren, perché, diciamocelo, gli americani son bravi
a fare film, ma vuoi mettere la bellezza delle pellicole nostrane?
Ma anche quest'anno l'Italia sarà protagonista della cerimonia, con un film
che, nei mesi precedenti, ha scatenato l'approvazione della critica
internazionale e l'amore di migliaia di spettatori, i quali, accorsi nei
cinema, sono rimasti affascinati da "Chiamami col tuo nome" (titolo
originale Call Me By Your Name), pellicola di Luca Guadagnino tratta
dall'omonimo romanzo di André Aciman, con protagonisti Timothée Chalamet e
Armie Hammer. Purtroppo, secondo il mio modesto parere, il film non vincerà
nelle categorie principali, dati i superfavoriti "The Shape Of Water"
e "Three Billboards Outside Ebbing, Missouri", già premiati in
cerimonie precedenti agli Oscar. Ma non demordiamo: la bellezza di un film non
si basa sui premi ricevuti, ma sulla sua capacità di arrivare dritto al cuore
dello spettatore e sulla commistione di storia, dialoghi, luci, fotografia e
regia.
Di seguito tutte le nomination e in grassetto chi secondo me vincerà:
·
Paul Thomas Anderson - Il filo nascosto (Phantom Thread)
·
Daniel Day-Lewis - Il filo nascosto (Phantom Thread)
·
Gary Oldman - L'ora più buia (Darkest
Hour)
·
Margot Robbie - Tonya (I, Tonya)
·
Meryl Streep - The Post
·
Willem Dafoe - Un sogno chiamato Florida (The
Florida Project)
·
Lesley Manville - Il filo nascosto (Phantom Thread)
·
Guillermo del Toro e Vanessa Taylor - La forma
dell'acqua - The Shape of Water (The Shape of Water)
·
Emily V. Gordon e Kumail Nanjiani - The Big Sick - Il matrimonio si può evitare... l'amore no (The
Big Sick)
·
Bruno Delbonnel - L'ora più buia (Darkest
Hour)
·
Paul Machliss e Jonathan Amos - Baby Driver - Il genio della
fuga (Baby Driver)
·
Tatiana S.
Riegel - Tonya (I, Tonya)
·
Paul Denham Austerberry, Shane Vieau e Jeff Melvin - La forma dell'acqua - The Shape of Water (The Shape of Water)
·
Sarah Greenwood e Katie Spencer - La bella e la bestia (Beauty
and the Beast)
·
Sarah Greenwood e
Katie Spencer - L'ora più buia (Darkest
Hour)
·
Jonny Greenwood - Il filo nascosto (Phantom Thread)
·
Hans Zimmer - Dunkirk
·
Stand Up For Something (musica
di Diane Warren, testi di Diane Warren
e Lonnie Lynn) - Marcia per la libertà (Marshall)
·
Christian Cooke, Brad Zoern e
Glen Gauthier - La forma dell'acqua - The Shape of Water (The Shape of Water)
·
David Parker, Michael
Semanick, Ren Klyce e Stuart Wilson - Star Wars: Gli ultimi Jedi (Star Wars: The Last Jedi)
·
Julian Slater, Tim Cavagin e Mary H. Ellis - Baby Driver - Il genio della
fuga (Baby Driver)
·
Mark Weingarten,
Gregg Landaker e Gary A. Rizzo - Dunkirk
·
Nathan Robitaille e Nelson
Ferreira - La forma dell'acqua - The Shape of Water (The Shape of Water)
·
Julian Slater - Baby Driver - Il genio della
fuga (Baby Driver)
·
Consolata Boyle - Vittoria e Abdul (Victoria & Abdul)
·
Mark Bridges - Il filo nascosto (Phantom Thread)
·
Jacqueline Durran - La bella e la bestia (Beauty
and the Beast)
·
Jacqueline Durran - L'ora più buia (Darkest
Hour)
·
Daniel Phillips e Lou
Sheppard - Vittoria e Abdul (Victoria
& Abdul)
·
Arjen Tuiten - Wonder
·
Kazuhiro Tsuji, David Malinowski e Lucy Sibbick
- L'ora più buia (Darkest
Hour)
·
Edith+Eddie, regia di Laura Checkoway e Thomas Lee Wright
·
Heaven is a Traffic Jam on the
405, regia di Frank Stiefel
·
Heroin(e), regia di Elaine McMillion Sheldon e Kerrin Sheldon
·
Knife Skills, regia di Thomas Lennon
·
Traffic Stop, regia di Kate Davis e David Heilbroner
·
DeKalb Elementary, regia di Reed Van Dyk
·
The Eleven o'Clock, regia di Derin Seale e Josh
Lawson
·
My Nephew Emmett, regia di Kevin Wilson, Jr.
·
The Silent Child, regia di Chris Overton e
Rachel Shenton
·
Watu Wote/All of Us, regia di Katja Benrath e Tobias Rosen
·
Garden Party, regia di Victor Caire e Gabriel Grapperon
·
Lou, regia di Dave Mullins e Dana Murray
·
Negative Space, regia di Max Portner e Ru
Kuwahata
·
Revolting Rhymes, regia di Jakob Schuh e Jan
Lachauer
E voi, invece, per chi tifate?
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